ippocastano (qr3)

Di fronte al Politeama Rossetti

“Eccomi a voi: sono un IPPOCASTANO (nome scientifico Aesculus hippocastanum) di 70 anni di età, sono di fronte al Teatro dedicato a Domenico Rossetti. Sono originario dall’Albania, posso raggiungere l’altezza di 30 metri e sono facilmente riconoscibile per il frutto, la capsula spinosa che contiene la castagna.

Tramite la memoria dei miei antenati  trasmetto il ricordo di un Umberto Saba “sportivo” ed innamorato, e della storia del Politeama Rossetti, edificio in stile eclettico munito di un tetto a cupola apribile, testimone della cultura triestina per oltre 100 anni.

Famoso il “Ridotto”  del teatro che, negli anni d’oro del liscio, divenne una frequentatissima sala da ballo. Il teatro fu inaugurato nel 1878 con l’opera “ Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi.

Ricordo con particolare affetto la poesia di Umberto Saba che definisce via Rossetti come “la via della gioia e dell’amore”, forse anche sotto l’influenza della felice conclusione della sua vicenda sentimentale.

Conservo la memoria del platano morto nel 1993 a 185 anni, che si trovava nei pressi e sotto la cui chioma si riposava Domenico Rossetti, che trasformò l’acquedotto in passaggio pedonale, divenuto una splendida passeggiata in mezzo ai tigli.

Targa di Umberto Saba "sportivo"

Sempre con l’aiuto dei miei predecessori ricordo la vitalità di via Rossetti, dove nel 1907, su iniziativa del Barone Economo, sorse un maneggio coperto per cavallerizzi,  che si esercitavano in un tratto di pista fiancheggiato da ippocastani; l’ultimo saggio, organizzato dalla Società Triestina di Equitazione (oggi Circolo Ippico Triestino) si tenne nel 1964; poi la struttura venne dismessa, e sostituita da edifici abitativi; non lontano, nella zona di Montebello, nel 1892 venne realizzato un ippodromo, capace di contenere oltre 10.000 spettatori, dove si radunava il bel mondo triestino amante delle corse di cavalli. L’impianto, ristrutturato nel 1968, esiste ancora.

Ippodromo di Montebello

La mia familiarità con i cavalli risulta dallo stesso mio nome, posto che i miei frutti erano un importante alimento per i cavalli. Sono stato anche compagno di un periodo della vita di Anna Frank, come è descritto nel suo Diario.”